Il
suo approccio al mondo del teatro cominciò da un incontro casuale con Annibale
Ruccello. Bastò un breve tragitto in Circumvesuviana a far capire ai due che
avrebbero condiviso molti altri viaggi insieme. Le passioni comuni per
l’antropologia culturale, la musica di Roberto De Simone e quella popolare, il
cinema, le arti figurative,
avrebbero
indirizzato entrambi, con entusiasmo e perseveranza, verso il teatro. Con
Annibale Ruccello , Franco Autiero conobbe anche Lello Guida e nel 1978
fondarono, insieme ad altri giovani,
prevalentemente universitari, la Cooperativa Teatrale
“Il Carro”. La prima rappresentazione che fu messa in scena fu “La Cantata dei Pastori”
rielaborata da Annibale
Ruccello. Franco
Autiero, entusiasta, si improvvisò truccatore, costumista scenografo e
addirittura attore. Nonostante le diffidenze, allora come oggi, del mondo
teatrale verso le sperimentazioni, la compagnia perseverò e altri spettacoli
furono rappresentati, e il ruolo di Franco Autiero fu sempre più legato alla
scenografia. La fase di progettazione era molto scrupolosa e gli spazi scenici
sempre contestualizzati ai luoghi e ai tempi richiamati nei testi. Un lavoro
basato molto sulla ricerca preliminare, segno di grande coscienza intellettuale:
riconosceva che per “creare” bisogna conoscere, così studiava, assimilava,
evolveva. Il suo modo di lavorare? Fotocopie di fotocopie: ritagliate,
ritoccate, incollate, cancellate, ridisegnate…segni su segni, tratteggi su
tratteggi, schizzi, guazzi con residui di colore che aveva sotto mano in quel momento.
Sporcare e pulire, comporre e decomporre… questa era la sua metodologia. Un
patchwork di idee, di citazioni, di
ispirazioni alla base dalla sua libera
interpretazione, che lui confrontava perennemente con altri in una
continua ansia di comunicazione Già dalle prime scenografie i risultati erano
di tipo professionale nonostante fossero costruite in maniera amatoriale, un
“fai da te” che spesso coinvolgeva gli amici più cari e avveniva in spazi
casalinghi.
Nel
1985 fu messo in scena “Ferdinando”, il grande capolavoro di Annibale Ruccello
come autore e di Franco Autiero come scenografo. Le aspettative sono più alte e
anche le possibilità di investimento: per la prima volta può disporre di un
laboratorio scenografico…con scenografi veri! Il risultato fu uno spazio
bellissimo e suggestivo, una scena quasi volutamente ricca,
bellissima, forse una delle più belle
scenografie da lui realizzate che ancora oggi è utilizzata. Entusiasta del suo
ruolo ormai consolidato di scenografo, lavorava con passione e naturalezza e
credeva fortemente nel gruppo di fedelissimi che ormai si era creato intorno ad
Annibale Ruccello.
Purtroppo
nel 1986 Annibale Ruccello venne a mancare tragicamente e il vuoto non abbandonò
più Franco Autiero. Come una inspiegabile reazione a catena le richieste di
progetti aumentarono e così altri impegni, altri spettacoli, altra gente.
Franco Autiero era ormai un indiscusso scenografo di successo, ma lo spirito
con cui affrontava questi nuovi impegni era
inevitabilmente diverso, vuoi per l’acquisita abilità nel mestiere, vuoi
per la settorialità del suo ruolo, che invece con la compagnia il Carro era contemporaneamente
definito e interferente in un discorso di comunicazione globale dello spettacolo. Rimangono però pressoché
uguali le metodologie di approccio al progetto e ottimi i risultati.
Nel
maggio 1993 debutta come autore e
regista, con Polveri Condominiali
Il
suo temperamento diventa più spigoloso e introspettivo e questo emerge nei suoi
testi, scritti e riscritti, copiati ed incollati da lui stesso medesimo
infinite volte, “…..Storie della mia
personale visione otre tombale [..] nella quale alla follia dei vivi si mescola
la percettività costante delle anime dei morti… “
“…Questo mondo è un
mondo dove convivono morti e non morti in un delirio di raffigurazione, che
tende alla narrazione e alla descrizione di un mondo capovolto. Un gigantesco
carnevale, nel quale il segno della follia, liberato dalla necessità di essere
una malattia, si autorappresenta. Questo mondo di anime vaganti e spiriti
furfanti rappresenta la necessità di una sua descrizione che già da tempo ha
superato il mito dell’altro, per andare a definire gli impianti di una nuova
scena teatrale, nella quale domina il potere della parola con la sua dirompente
forza iconoclasta. …”
Tutte le sue conoscenze trovano la
giusta collocazione, grandi parentesi in un racconto già di per sé surreale,
come citazione delle fonti alla base, e solo alla base, dell’origine della sua
storia, come se niente nascesse da zero ma tutto fosse collegato o già successo
in passato.
Storie
nelle storie, parentesi nelle parentesi, citazioni nelle citazioni, un
groviglio di parole,di fatti nuovi e vecchi che si intrecciano, si richiamano
si rincorrono. Il suono della lettura diventa il protagonista, i testi si
trasformano in musiche, filastrocche,
melodie. “…straparlando in una lingua
che, a primo udire, può sembrare inventata e che invece col procedere della
rappresentazione, si mostra essere, invece, una parlata antica sedimentata sul
recupero di suoni e ritmi emozionali consolidati.” Come contraccolpo a tale
scrittura ricchissima ed elaborata, le scenografie dei suoi spettacoli sono per
lo più vuote, i suoi racconti sono
storie universalmente collocabili, storie di anime, storie di tutti. Anche
quando il racconto sembra dare delle coordinate l’evoluzione dello spettacolo
le nega e volutamente le confonde.
Gli
allestimenti sono modernamente nudi. I costumi volutamente disarmonici
asimmetrici: “moderni di taglio semplice
[…],la scena è vuota quasi sempre buia e nera.” L’articolazione
linguistica, la sonorità del verbo catapultano lo spettatore in mondi virtuali,
dentro storie che aprono a loro volta altre storie. Una concezione della
rappresentazione teatrale arcaica, antichissima eppure estremamente innovativa.
Fu più volte premiato per l’innovativa ricerca sul linguaggio dei suoi testi e
delle sue storie. Ambo nel ’93 ha vinto il premio Stabia Ciro Madonna e, insieme al
testo Il Sale degli esposti, ottenuto
un’unanime segnalazione della giuria alla 42° edizione Riccione Ater per il
teatro. Ambo è stato pubblicato nel
’98 e nel 2007 è stato rappresentato, firmandone egli stesso la regia,
nell’ambito della XXVII edizione del Festival “Benevento Città Spettacolo”.
Altri
suoi testi drammaturgici sono: La trapassata
delle trapassate, con cui ha vinto la borsa di studio al Premio Solinas nel
’96, Miserabilia, Espiantati, Polveri condominiali, Matamoro
con cui ha vinto il Premio Candoni nel ’95 e andato in scena a Napoli nel 2000
per il “Maggio dei Monumenti.”
Parallelamente
ai suoi trascorsi nel modo teatrale, il suo interesse culturale di ricercatore
e conoscitore del suo territorio, soprattutto legato alla storia dell’arte, fu
una caratteristica costante della sua vita. Ha svolto attività di ricercatore
nell’ambito dei Beni Culturali e dell’antropologia campana, con particolare
interesse per gli aspetti teatrali dei rituali popolari. Come storico dell’arte
ha scritto, tra gli altri, il prezioso saggio sugli affreschi del XIV sec.
della cappella di Santa Lucia a Massaquano(frazione di Vico Equense), insieme a
Ida Maietta.
Questa
sua intrinseca attitudine al sapere, all’approfondire, si concretizzò in alcuni
studi specifici nel settore dell’arte che divulgò pubblicandoli in diverse riviste specializzate.
Bisognerebbe scrivere altre storie o storie
infinite per potere parlare intorno alla figura di Franco Autiero , avrò
sicuramente tralasciato tante cose, ma io, l’ho saputo raccontare solo nel modo
che vedete.
Niente
meglio di una sua citazione può concludere questo mio intervento:
“…Ovviamente, come forse già previsto Altrove, anche la
stesura di queste poche righe è stata contrastata dalle occulte energie di poc’anzi
che mi hanno fatto saltare, con un’interruzione dell’energia elettrica,
l’ultima parte di questo mio intervento che mi sembrava buono e che adesso non
ricordo per niente.”
Valentina Autiero
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